Amore e politica
in: Via Dogana, Nr. 110, September 2014
Uno stato buono ha bisogno che le persone che lo abitano si „amino” – questo pensiero è un elemento costitutivo della storia delle idee politiche. Aristotele, per esempio, pensava che una polis in cui i cittadini avessero dei legami amichevoli, cioè amorevoli, fosse più stabile, perché i cittadini (Aristotele ha in mente solo uomini liberi) nel loro relazionarsi politico mirerebbero più alla giustizia invece di contare solo sulle leggi.
In seguito, nella concezione della politica si è passati a una separazione netta tra amore e stato; l’amore è diventato un fatto puramente privato. Molti pensano che l’amore abbia un significato solo in quanto garantisca la coesione della famiglia che a sua volta fungerebbe come „nucleo fondamentale” dello stato. Tutto ciò nella logica delle „sfere separate” secondo la quale per l’ambito privato valgono delle regole diverse da quelle per l’ambito pubblico: di qua altruismo e senso di comunità, di là il gioco del proprio interesse e concorrenza, di qua i sentimenti, di là la razionalità, di qua la generosità, di là il calcolo freddo…
Di conseguenza, l’amore non fa parte della sfera pubblica; non è conciliabile né con l’uomo politico né con l‘ homo oeconomicus: l’ amarsi sarebbe riservato alle coppie innamorate, a genitori e figli. Quando hanno chiesto a Gustav Heinemann, politico tedesco che poi è stato eletto presidente nel 1969, se amava la Germania, rispose: „Macché, amo mia moglie!”
La politica delle donne che ha detto che il personale è politico e che si basa sulla politica delle relazioni tra donne ha superato la vecchia dicotomia. Comunque, raramente si parla di „amore”, nel senso di amore come categoria politica. Oppure solo en passant: quando io insieme a Andrea Günter, Dorothee Markert e Ulrike Wegener abbiamo pubblicato un libricino dal titolo „Amore di libertà, fame di senso „non abbiamo discusso veramente sul significato di „amore« in questo contesto. Anche nella politica delle donne, mi sembra che „amore” abbia un’accezione limitata.
Lo scetticismo nei confronti di un „amore politico „ è chiaramente il risultato dell’esperienza con il nazionalismo. Cosa comprensibilissima soprattutto in Germania, dove lo stato nazionalsocialista, attraverso i riti di propaganda carichi di emotività ha toccato in modo mirato il sentire „del popolo”. L’insistenza sull’ „amore” delle masse popolari per il Führer e per la „comunità nazionale „ è stata uno dei meccanismi (certo non l’unico) che hanno rinforzato il regime di ingiustizia dei nazisti e hanno reso possibile la shoah.
Ora però c‘ è da chiedersi se un approccio „disamorevole”„, cioé puramente razionale alla politica sia sensato o anche solo pensabile. O se – e attualmente in Europa ne vediamo degli indizi – tale postura porti ad una gestione burocratica della politica, che suscita in molte persone un disinteresse politico e in altre un’apertura nei confronti di partiti e slogan populisti.
Simone Weil una volta ha scritto che ci vuole l’amore per mettere al mondo idee nuove, perché una persona che ha qualcosa di nuovo da dire, all’inizio troverà ascolto solo da coloro che la amano. Solo amando, secondo lei, si può ascoltare con l‘attenzione necessaria per capire. Magari questo vale anche per le vicende politiche?
Questa idea mi è venuta riflettendo su Angela Merkel e sul perché lei e la sua politica hanno una forza di attrazione su di me che non si spiega con i contenuti di questa politica, contenuti secondo me per la maggior parte criticabili. Succede persino che mi rallegro quando Merkel vince le elezioni, sebbene io personalmente non la voti.
Andrea Günter una volta diceva che amare è „un’attività umana dell’anima „, un particolare modo del mettersi in relazione. Con una persona, ma può essere anche un progetto. Può essere addirittura il nemico, come insegna l’etica cristiana.
Amare una persona o una cosa non significa quindi acconsentire, essere d’accordo con qualsiasi cosa questa persona faccia. Anzi: se io mi lego a qualcuno o a qualcosa perché ne traggo vantaggio, perché corrisponde ai miei interessi personali, perché lo ritengo giusto a livello razionale – l’amore non è necessario. Purtroppo è molto diffusa la convinzione errata, soprattutto tra le donne, che l’amore significhi dedizione e consenso incondizionati. Con conseguenze negative, perché in questo modo nei rapporti di amore i conflitti non vengono agiti, e qualsiasi critica viene considerata come una messa in questione della relazione amorosa.
Quindi, se io posso amare persino i miei nemici, questo vale anche per i progetti politici i cui contenuti ritengo criticabili ? Come appunto il progetto di Angela Merkel di fare la cancelliera tedesca. Mi fa piacere che lei eserciti la sua funzione in un modo che fa sì che oggi tutti – anche le ragazzine – ritengono normale che una donna faccia la cancelliera. Non è che me ne rallegri perché mi aspetto qualcosa, per esempio la salvaguardia della democrazia rappresentativa o più libertà per le donne. Me ne rallegro come nell’amore: semplicemente così, senza scopo.
Penso che una tale postura „amorevole” sia necessaria per poter vedere il nuovo nei progetti politici altrui. Nella presenza e nell’agire di Angela Merkel scopro piccoli cambiamenti simbolici o importanti spostamenti che invece sfuggono ad altri/e che guardano lei e il suo progetto solo con occhi critici.
Seguendo questo filo di pensiero mi sono accorta che guardo con occhi amorevoli anche altri progetti di donne, come ad esempio le tante, tante donne che s’impegnano per le quote. Io personalmente sono contraria alle quote, per motivi che credo di non dover spiegare su questa rivista. Ma la passione di molte donne che si impegnano per una uguale rappresentanza nelle più svariate istituzioni e contesti – la chiamerei „amabile „. In questo impegno vedo qualcosa che va oltre la questione strategica: le quote servono per la libertà femminile o no? Vedo l’amore per la politica e la disponibilità di impegnarsi nelle strutture e istituzioni esistenti. Disponibilità tanto più apprezzabile che io personalmente non ce l’ho .
Certo, non si può decidere di amare qualcuno/a o qualcosa, l’amore è qualcosa che ci „travolge” o no. Tuttavia, l’amore non è semplicemente un sentimento che può avere svariate cause banali e che è del tutto casuale. L’amore è un „accadimento”, come scrive Hannah Arendt nei suoi Quaderni e diari. L’accadimento dell’amore ci indica che c’ è qualche scintilla che vale la pena indagare e seguire anche se la fine e la meta di questa strada sono aperte. E anche se non dipende dalla mia volontà se amo qualcosa o qualcuno, posso (e devo) comunque decidere se seguire questo amore in un caso concreto e dargli importanza – oppure no. Si può anche negare, ignorare l’amore.
Questo è ciò che mi hanno consigliato molti/e quando parlavo del mio amore per il „progetto Angela Merkel “. Mi hanno fatto notare, per esempio, gli errori nel suo programma, i punti deboli delle sue prese di posizione. E io devo dar loro ragione, dal punto di vista razionale. Mi sento quasi come una donna che ama l’uomo sbagliato: lo ama nonostante non porti mai giù la spazzatura e sperperi la cassa comune nel gioco d’azzardo. Ma io penso che sia giusto dire – un po’ pateticamente: „difendo questo amore”.
Ho trovato conferma nel pensiero dell‘ attivista afroamericana Bell Hooks. Lei sostiene che l’amore sia una cosa fondamentalmente politica. Nel suo libro „Salvation. Black people and love „ osserva che nel movimento di liberazione dei neri l’amore spariva dalla politica nella stessa misura in cui la lotta per i diritti veniva messa al centro, e io credo che qualcosa di simile sia successo nel movimento delle donne. L’amore, secondo Hooks, è però indispensabile per i movimenti sociali, perché „ la forza di cambiamento dell’amore nella vita quotidiana è l’unica forza capace di risolvere le miriadi di crisi che dobbiamo affrontare oggi.” Questo per me non è soltanto un invito etico, ma una presa di posizione politica.
L’amore non significa diventare tutt’uno. Essendo un particolare modo di mettersi in relazione, l’amore ha sempre bisogno di due, cioè di una differenza. Non ha senso amare qualcosa che è tutt’uno con me. Amore vuol dire piuttosto prendere sul serio l’altro/a nella sua alterità, significa benevola apertura, disponibilità di stupirsi e di venire incontro, e astenersi dal dare subito un giudizio sulla base delle proprie misure e convincimenti. Io penso che queste siano delle virtù non solo interpersonali, ma decisamente politiche.
Quando esprimo questi miei pensieri, qualche attivista „critica” mi rimprovera dicendo che si tratta di autosuggestione. Mi dicono che voglio abbellire la realtà, ad esempio leggere nel progetto Angela Merkel delle cose che in realtà non ci sono. Io sono assolutamente consapevole di questo rischio.
L’amore forse rende ciechi? Julia Kristeva ha scritto che nell’amore ci si illude sempre sulla realtà, e io penso che lei abbia ragione. Ma forse questo è esattamente il punto dove l’amore ci mette in grado di inoltrarci verso il reale?
(Traduzione dal tedesco di Traudel Sattler)